lunedì 22 ottobre 2012

professionisti, artisti, fotoamatori evoluti...



Io non sono un fotografo professionista, non voglio esserlo, non sarei capace di fare questo lavoro. 
Non sono un artista, non ho nulla di speciale da dire con la fotografia, i miei sentimenti e le mie emozioni sono personali, e non so esprimerli in fotografie (e non ne sento nemmeno il bisogno).
Mi piace fotografare, mi piace parlare di fotografia, mi piace cercare di capire la fotografia… sono quindi un fotoamatore
Sono un fotoamatore evoluto?
Boh!!! cos'è un fotoamatore evoluto? Secondo le ditte produttrici di materiale fotografico direi che un fotoamatore evoluto è uno che cambia la macchina fotografica ad ogni nuovo modello, che compra tutti gli obiettivi disponibili, insomma un fotoamatore coi soldi...
Io per fare quello che mi piace non ho bisogno di cambiare macchina fotografica ad ogni nuovo modello, non ho bisogno di scattare foto su foto ad una modella e poi sperare che ne venga fuori una decente, non sono obbligato a fare una mostra o creare una galleria in flickr o facebook o dove che sia ad ogni gita che faccio, e non mi illudo di essere un reporter solo perché sono andato in vacanza con la macchina fotografica in posti più o meno esotici. 
E non ho nemmeno bisogno di rifilare al prossimo le mie (o le altrui) autosoddisfazioni eroticocerebrali sulle recondite signifcazioni psicanalitiche delle mie fotografie... Mi accontento di fotografare quello che mi colpisce, quello che in quel momento rientra nei miei schemi mentali, mi basta fare foto che mi dicano qualcosa, e che in un altro momento non mi diranno nulla, o meglio mi diranno tutt'altro.
Mi fanno tenerezza  quelli che si autodefiniscono professionisti solo perché  possiedono una macchina etichettata (magari da loro stessi) come professionale, quelli che si sparano su tutte le foto un enorme  ph. Tizio Caio… Oggi chiunque può farsi un sito con il proprio nome, autodefinirvisi Professional photografer (sbagliando oltretutto anche l’ortografia) e cominciare a pontificare su tutto.
Avere un nome d’arte non è indispensabile, e tantomeno è sufficiente
per essere un bravo fotografo, pubblicare una serie di foto dai titoli altisonanti e privi di alcun significato non rende artisti, spacciare per scelte stilistiche consapevoli banali errori non fa di un incapace un genio.
Un professionista, in fotografia come in ogni altro settore, è uno che con quell’attività ci campa, uno che, come si diceva una volta, “porta a casa la pagnotta” con la fotografia; l’essere bravo a fare quel mestiere è una condizione – indispensabile ma non sufficiente – e non una conseguenza dell’etichetta… Se la pubblicità ci convince o prova a convincerci che senza l’ultimo modello di macchina fotografica non puoi fare buone foto, e che (specularmente) se possiedi una macchina “professionale” sei un professionista, vuol solo dire che (casomai non ce ne fossimo ancora accorti) oggi l’abito fa il monaco!
Anche senza voler considerare i Professionisti di alto bordo, quelli che intascano fior di quattrini, quelli che fanno i calendari piuttosto che i grandi reportage o i servizi per le grandi riviste di moda, un professionista è quello che non sbaglia lo scatto decisivo, che non si perde lo scambio degli anelli al matrimonio, quello che se deve fotografare un paio di occhiali saprà evitare di finirci riflesso dentro per sbaglio e saprà se, quando, come e perché finirci dentro riflesso; un professionista è uno che sa come si fanno le cose, che “ha studiato”, e non leggiucchiando qualcosina in Rete! Aver letto un paio di voci di wikipedia non fa di voi un esperto.
E non parliamo poi di chi si sente Artista… E per dimostrare di essere tale appiccica titoli a caso alle proprie foto (spesso orribilmente banali e tecnicamente sbagliate), e più sono privi di significato (i titoli) più sono artistiche (le foto)! 
Se volete fare gli artisti, ricordate che le vostre opere (fotografie, sculture, romanzi o quel che siano) devono reggersi da sole, magari in equilibrio precario, e non su un titolo fantasioso o su una spiegazione magari altrettanto fantasiosa. Ci saranno opere di più immediata e facile comprensione, ed altre meno intuitivamente accessibili, ma una foto di in campo arato non diventerà artistica solo perché le affibbiate un bel “vuoto d’umanità” o “cicatrici di vita”, o perché spiegate che “volevate significare l’assenza di libertà dell’uomo chiuso nei solchi tracciati dal destino”…
Provate ad immaginare Picasso che spiega Guernica.

All’altro capo dello spettro, se volete fare i Reporter, ricordate che le vostre foto non possono da sole spiegare tutto ciò che avete visto, dovete anche aggiungere un testo, una spiegazione che faccia conoscere a chi le guarda tutto ciò che nelle foto non c’è e non può esserci: ricordate che una foto è un ritaglio, è l’immagine di una parte di realtà, è frutto di una scelta (si spera consapevole) su cosa lasciar fuori, e su quale momento fermare, ricordate che una foto mostra solo l’immagine di ciò che è visibile, non mostra suoni, odori, etc. Ma su questo tornerò presto in un altro post.
Naturalmente una foto di Reportage non può non avere un valore estetico (qualsiasi significato vogliate dare al termine), così come una foto d’Arte non può non documentare una realtà (visto che, ed anche su questo tornerò in futuro, una foto non può non mostrare una fetta di realtà). Ed altrettanto naturalmente, tra i due estremi ci sono tutte le possibili sfumature.
Insomma, prima di proclamarvi Professionisti o Artisti o anche solo Fotografi (con la maiuscola nell’intonazione), fatevi un esame di coscienza:
se le vostre foto fossero poesie le fareste leggere ad estranei?
Lascereste il vostro lavoro per campare di fotografia? 
Piccolo corollario del discorso sui professionisti: un professionista è uno che si fa pagare, e che su quel che guadagna ci paga le tasse (dovrebbe, almeno), che ha un bel po’ di spese, dallo studio alla partita IVA, dall’attività di rappresentanza all’aggiornamento (quelli seri studiano e leggono e guardano il lavoro degli altri)… Nulla da dire se si comincia col fare qualche piccolo lavoretto cercando di tenere i prezzi ovviamente più bassi possibile, ma se alla lunga continuate ad evitare questi piccoli secondari fastidi (dalle tasse ai libri allo studio alla Partita IVA) non stupitevi se poi venite giudicati in maniera non proprio positiva.

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